Formulato per la prima volta dallo psichiatra e ipnoterapeuta Milton Erickson, il modello strategico è stato sviluppato da Gregor Bateson, Jay Haley, Paul Watzlawick e Steve De Shazer, ricercatori del Mental Research Institute (MIR) di Palo Alto (California).
A differenza degli approcci psicoterapeutici tradizionali, che indagano le origini profonde dei disturbi, la terapia breve strategica s’interessa a come il problema si manifesta, a come si mantiene nel tempo e a quali strategie la singola persona mette in atto per farvi fronte.
Secondo i teorici di questo modello, il disturbo di cui un individuo soffre non è una malattia, ma una risposta inadeguata a una situazione avvertita come problematica. Il disturbo è determinato da una sequenza di azioni e retroazioni che l’individuo compie continuamente; in altre parole, scaturisce dalle tentate soluzioni che egli mette in atto e che, invece di risolvere il problema, non fanno altro che alimentarlo.
Il lavoro terapeutico si prefigge d’interrompere questo circolo vizioso delle soluzioni disfunzionali.
Il terapeuta strategico aiuta il paziente a sostituire le risposte e le interazioni inadeguate con altre funzionali e risolutive.
Agendo non solo sulla dimensione sintomatologica, ma anche su una sfera più profonda, egli induce un’esperienza emozionale correttiva. Attraverso tecniche specifiche e mirate, come la prescrizione del comportamento, il dialogo strategico e la programmazione neurolinguistica, il terapeuta strategico ristruttura in maniera globale la percezione della situazione che ha scatenato il disturbo.
Nell’intervallo tra una seduta e l’altra il paziente avrà l’occasione di sperimentare nuove forme di comportamento grazie alle quali modificherà progressivamente, ma in tempi brevi, quelle cognizioni e quegli schemi di pensiero su cui si impernia il disturbo da cui è afflitto.
Modalità d’intervento
Attraverso strategie mirate e personalizzate, il paziente è aiutato a uscire dal circolo vizioso di cui è prigioniero e che costituisce la causa principale del suo disturbo.
Il lavoro terapeutico agisce infatti sulla percezione e sulla rappresentazione che il paziente ha di sé e degli altri, permette di comprendere i meccanismi che attivano reazioni inefficaci, disadattive e disfunzionali, e, soprattutto, interrompe il sistema delle “tentate soluzioni che alimentano il problema”, sostituendole con modalità funzionali e risolutive.
Nel corso delle sedute sono impiegate tecniche specifiche che consentono di risolvere il disturbo in tempi brevi e di ridurre le resistenze al cambiamento: in particolare, il dialogo strategico, la comunicazione efficace, la programmazione neurolinguistica (PNL), le prescrizioni comportamentali, l’ipnosi (secondo il modello di Milton Erickson), il training autogeno e il RAT respiratorio.
Efficacia del trattamento
La terapia breve strategica è un metodo terapeutico evidence-based, la cui efficacia clinica è sperimentabile e documentabile.
Studi condotti presso il Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo su un campione di 3.640 casi, trattati in base ai parametri internazionali per la valutazione dell’efficacia ed efficienza delle psicoterapie, hanno dimostrato che l’86% dei casi, con punte del 95%, è stato risolto mediante un trattamento di durata media pari a sole 7 sedute.
Di seguito i risultati sul livello di efficacia della terapia breve strategica nella cura di diverse tipologie di disturbi:
Disturbi d’ansia (nel 95% dei casi)
- Disturbo da attacchi di panico con e senza agorafobia
- Disturbo d’ansia generalizzato
- Fobia sociale
- Disturbo post-traumatico da stress
- Fobie specifiche
Disturbi ossessivo-compulsivi (nel 89% dei casi)
- Ossessioni
- Compulsioni
- Disturbi somatoformi (ipocondria, dismorfofobia, ecc.)
Disordini alimentari (nel 83% dei casi)
- Anoressia
- Bulimia
- Vomiting
- Binge Eating
- Ortiressia
Disturbi sessuali (nel 91% dei casi)
- Difficoltà di erezione
- Eiaculazione precoce
- Vaginismo e dispaurenia
- Disturbi del desiderio
Depressione (nel 82% dei casi)
- Nelle sue varie forme
Problemi relazionali nei diversi contesti (nel 82% dei casi)
- Coppia
- Famiglia
- Lavoro
- Sociale
Problemi dell’infanzia e dell’adolescenza (nel 82% dei casi)
- Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività
- Disturbo oppositivo-provocatorio
- Mutismo selettivo
- Disturbo da evitamento
- Ansia da prestazione
- Fobia scolare
- Disturbo da isolamento
Disturbi legati all’abuso di Internet (nel 80% dei casi)
- Cybercondria
- Information overloading addiction: quando le informazioni non bastano mai
- Shopping compulsivo in Rete
- On-line gambling: le scommesse in rete
- Il trading on-line compulsivo
- La chat dipendenza
- La dipendenza da cyber-sesso
La terapia breve strategica è un percorso terapeutico e riabilitativo di breve durata.
Formulato per la prima volta dallo psichiatra e ipnoterapeuta Milton Erickson, il modello strategico è stato sviluppato dai ricercatori del Mental Research Institute (MIR) di Palo Alto (California), tra cui Gregor Bateson, Jay Haley, Paul Watzlawick e Steve De Shazer.
A differenza degli approcci psicoterapeutici tradizionali che indagano le origini profonde dei disturbi, la terapia breve strategica s’interessa a come il problema si manifesta, a come si mantiene nel tempo e a quali strategie la singola persona mette in atto per farvi fronte.
Secondo i teorici di questo modello, il disturbo di cui un individuo soffre non è una malattia, ma una risposta inadeguata a una situazione avvertita come problematica. Il disturbo è determinato da una sequenza di azioni e retroazioni che l’individuo compie continuamente; in altre parole, scaturisce dalle tentate soluzioni che egli mette in atto e che, invece di risolvere il problema, non fanno altro che alimentarlo.
Il lavoro terapeutico si prefigge d’interrompere questo circolo vizioso delle soluzioni disfunzionali.
Il terapeuta strategico aiuta il paziente a sostituire le risposte e le interazioni inadeguate con altre funzionali e risolutive. Agendo non solo sulla dimensione sintomatologica, ma anche su una sfera più profonda, egli induce un’esperienza emozionale correttiva. Attraverso tecniche specifiche e mirate, come la prescrizione del comportamento, il dialogo strategico e la programmazione neurolinguistica, il terapeuta strategico ristruttura in maniera globale la percezione della situazione che ha scatenato il disturbo.
Nell’intervallo tra una seduta e l’altra il paziente avrà l’occasione di sperimentare nuove forme di comportamento grazie alle quali modificherà progressivamente, ma in tempi brevi, quelle cognizioni e quegli schemi di pensiero su cui si impernia il disturbo da cui è afflitto.